Tigri Tamil, trent'anni di sangue
Il fondatore delle Tigri Velupillai Prabhakaran |
Si spegne il sogno, costato 80 mila
morti, di uno Stato indipendente
morti, di uno Stato indipendente
PABLO TRINCIA
COLOMBO
Solo il tempo potrà dire se l’ultimo ruggito delle Tigri tamil è stato lo scarno comunicato con cui annunciavano di «sospendere i combattimenti»: una resa, l'ultimo atto di una delle guerre più lunghe, logoranti e dimenticate della storia contemporanea. Da sparuto gruppo di combattenti di etnia tamil aggregatisi nel 1976 per liberare il Nord dell'isola dalla dominazione economica e culturale che la maggioranza singalese aveva imposto dopo la fine del colonialismo, le Tigri hanno dato vita a un'organizzazione militare parallela che non trova eguali al mondo: un esercito di terra, una flotta piratesca (le «Sea Tigers», o tigri marine), una minuscola aviazione militare (le «Air tigers») e una rete di spie e informatori disseminata in tutto lo Sri Lanka.
C'era persino un battaglione femminile, le «Freedom Birds» che, oltre a imparare l'arte della guerra, coltivavano l'anima culturale e ideologica dell'organizzazione. Infine l'arma letale: le «Black Tigers», l'unità kamikaze. Tra le loro vittime, anche il premier indiano Rajiv Gandhi e il presidente dello Sri Lanka Ranasinghe Premadasa. Queste e altre pratiche molto sgradite all'opinione pubblica occidentale - come quella di rapire i bambini e trasformarli in soldati - hanno presto fatto scivolare l'Ltte nella lista delle organizzazioni terroristiche con cui nessun Paese avrebbe mai interloquito. Ma non è stato questo il fattore determinante che ha indebolito i guerriglieri tamil e il loro storico leader, Velupillai Prabhakaran. Dopotutto dal 1983 - anno dell'inizio di una guerra civile che ha causato 80 mila morti - fino agli ultimi mesi dello scorso anno, il loro controllo sul Nord dello Sri Lanka è stato capillare, con un apparato amministrativo che si occupava delle tasse e delle donazioni provenienti dalla diaspora.
Tuttavia, se negli Anni 70 e 80 le Tigri avevano catalizzato il sogno di indipendenza politica, economica e culturale della popolazione tamil, con il passare del tempo gli alti ranghi della guerriglia si sono affidati quasi esclusivamente a una logica militarista e totalitarista che li ha resi sempre più temuti e meno amati dai civili che rappresentavano, generando forti fratture all'interno dell'organizzazione. «Inizialmente l'Ltte era molto appoggiato dalle masse tamil - spiega Ragavan Rajasingam, una ex appartenente dell'organizzazione che oggi vive in esilio in Inghilterra -. Poi però il suo obiettivo principale è diventato quello di costruire un esercito convenzionale dal carattere repressivo, perdendo di vista qualsiasi obiettivo legato alla liberazione.
La guerra ha prosciugato tutte le energie della popolazione tamil, tanto che essa stessa ha dimenticato il motivo per cui l'aveva cominciata». La lista di «traditori» uccisi e dissidenti messi a tacere è lunga. Così com'è lungo l'elenco di colloqui di pace falliti tra governo e ribelli - non ultimo quello presieduto da una missione di pace norvegese - che per anni hanno esasperato la popolazione tamil. Ma ora l'impasse sembra sul punto di sciogliersi. Dopo aver incassato umiliazioni per oltre 25 anni, nei primi giorni del 2009 il presidente Mahinda Rajapakse ha dato ordine di scatenare una colossale offensiva nel Nord, strappando alcune roccaforti alle Tigri con bombardamenti e rastrellamenti che hanno causato centinaia - probabilmente migliaia - di vittime.
Ed è proprio in nome dei civili che l'Ltte ieri ha dichiarato di voler gettare le armi, per non aggiungere altri morti ai settemila di questa prima metà del 2009, mentre 50 mila sfollati si accalcano su pochi chilometri quadrati nella zona di Mullivaaykaal, in fuga dai bombardamenti. Ha scritto Selvarasa Pathmanathan, capo delle relazioni diplomatiche delle Tigri, sul sito Tamilnet: «Nonostante il nostro appello al mondo per salvare migliaia di persone dalla stretta della morte, il silenzio della comunità internazionale ha incoraggiato l'esercito dello Sri Lanka a spingere la guerra fino alle conseguenze più aspre. Ora priorità assoluta è quella di salvare le vite dei nostri civili. Per questo motivo annunciamo la nostra decisione di cessare il fuoco».
Si dicono anche pronti a ingoiare la pasticca di cianuro che ogni Tigre si porta dietro per sfuggire alla cattura. Potrebbe significare la fine di un conflitto che si è trascinato per un'intera generazione. Ma non necessariamente l'inizio di una pace stabile e duratura.
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